mercoledì 2 gennaio 2008

VERME POLITICO...... MAGARI !!!!!



Ci sono due fratelli, Antonio e Peppino che vivono in campagna. Sono contadini. Peppino è avveduto, prudente, attento alle spese, risparmiatore, previdente, nella consapevolezza che il futuro può riservare inconvenienti cui è necessario farsi trovare pronti, almeno dal punto di vista economico. Antonio, al contrario, ha le mani bucate, non si preoccupa del futuro, è attratto dalla bella vita, si rifiuta di vedere le difficoltà e non perché non vi siano, spende tutto quel che ha ed anche di più. Per lui vale il detto è meglio l’uovo oggi e, possibilmente, anche la gallina…
I due fratelli, avendo distrutto il muro del vicino Mezzacapo, si trovano a dover risarcire il relativo danno in base al principio del “chi rompe paga”. Peppino, per tale ragione, non esita a prelevare la somma di denaro occorrente, diligentemente custodita in un posto segreto. Antonio, non avendo risparmi da cui attingere, si procura la somma attraverso un artificio, grazie al quale ruba la somma all’ignaro fratello e per giunta, con un ulteriore inganno, riesce a farsi dare anche il resto.
Uno dei momenti più divertenti della cinematografia italiana, una situazione comica costruita sul personaggio credulone e ingenuo di Peppino cui si contrappone il furbo e scaltro Antonio. Proviamo ora a ricostruire la scena con personaggi diversi: sostituiamo Mezzacapo con la Comunità Europea, al posto di Peppino, il cittadino italiano, ed in luogo dell’astuto Antonio, l’amministrazione comunale di un paese X.
La Comunità Europea, sin dagli anni ’70, stabilisce un principio fondamentale in tema ambientale in base al quale “chi inquina paga”. Detto principio, addebitando i costi della protezione ambientale in capo a chi inquina, incita tutti a ridurre l’inquinamento dell’ambiente e a ricercare prodotti e tecnologie meno inquinanti, creando, di fatto, uno strumento che ha alla base la volontà di prevenire i danni all’ambiente piuttosto che intervenire quando il danno è già stato prodotto. Detto principio, ritenuto un punto cardine della politica ambientale della comunità, fu inserito dapprima nel Trattato di Maastricht (art. 130 R), successivamente, è stato ribadito nella legislazione europea in tema ambientale (direttiva 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio), ed infine, inserito, in modo implicito, tra i principi reggenti la legislazione italiana in materia, nota con il nome di Decreto Ronchi (D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22). Il meccanismo creato dalla Comunità Europea in materia di smaltimento dei rifiuti è immediatamente intuibile: tutti i soggetti che, a causa delle proprie attività lecite o illecite, producano situazioni inquinanti, debbono pagare un tributo, noto con il nome di TARSU, che sarà tanto maggiore quanto più elevata è l’attività inquinante. Tanto semplice che anche una mente ingenua come quella di Peppino sarebbe in grado di capire... Il tributo è dovuto da chiunque eserciti, ancorché in via non esclusiva, l'attività di discarica abusiva e da chiunque abbandoni, scarichi o effettui deposito incontrollato di rifiuti: tali soggetti sono tenuti, inoltre, al pagamento di una sanzione amministrativa pari a tre volte l'ammontare del tributo. Ma è tenuto al pagamento della gabella, principalmente, chi svolge l’attività di gestione delle discariche. Per semplicità individuiamo, schematizzando, i soggetti di questa storia:
1. la Regione, cui è attribuita la competenza in materia, calcola la quantità di rifiuti prodotti dai gestori di discariche e stabilisce l’entità del tributo, in virtù del principio “chi inquina paga”;
2. i tenutari delle discariche sono coloro che gestiscono gli impianti di discarica. Essi sono tenuti al pagamento della tassa direttamente alla Regione, con diritto di rivalersi nei confronti di chi conferisce i rifiuti da smaltire;
3. il soggetto che conferisce presso le discariche i rifiuti può essere un’Azienda, un Comune o un privato. Questi deve pagare al gestore, oltre il prezzo del servizio di smaltimento, il tributo in base alla quantità di rifiuti consegnati in discarica.
Per capire meglio, seguiamo il nostro sacchetto di rifiuti in tutto il suo percorso di smaltimento ipotizzando il caso in cui il Comune x abbia dato in appalto il servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani alla Azienda “Y”. Il nostro sacchetto contenente rifiuti organici, vetro, plastica, legno e quant’altro viene raccolto dai mezzi dell’azienda “Y” e condotto in discarica per lo smaltimento. All’ingresso della discarica il sacchetto viene pesato ed in base al peso il gestore della discarica stabilisce, utilizzando i parametri fissati dalla Regione, il prezzo di smaltimento, comprensivo della relativa TARSU. Il prezzo è anticipato dall’azienda “Y”che poi si rivale nei confronti del Comune “X” in termini di prezzo del servizio.
Il Comune “X”, su chi scarica quel costo? Ecco che entra in scena Peppino. Chi è Peppino?
Se la TARSU che paghi è notevolmente superiore rispetto ad altri comuni, se il tuo Comune non adotta la raccolta differenziata, se le parole reimpiego e riciclaggio sono sconosciute al tuo Sindaco, benvenuto sul set, perchè quel Peppino sei tu.
Infatti, più il tuo comune utilizza come esclusivo mezzo di smaltimento la discarica e più l’entità della TARSU aumenta, non solo, ma il Decreto Ronchi stabilisce delle percentuali minime di raccolta differenziata cui ciascun Comune è tenuto, pena una ulteriore maggiorazione della tassa per i rifiuti. Questo avrebbe dovuto spingere tutti i comuni ad industriarsi per escogitare strategie invoglianti alla raccolta differenziata ed al riciclaggio dei materiali. Tutti i Comuni avrebbero dovuto ricercare sul mercato le Azienda migliori in grado di raggiungere i condivisibili obiettivi fissati dalla Comunità Europea. Invece la realtà è molto diversa. Molti comuni, praticando la raccolta indifferenziata o non esercitando i necessari controlli affinché le Aziende appaltatrici svolgano quanto contrattualmente previsto, continuano a conferire quantità incredibili di rifiuti presso le discariche, con grave danno per l’ambiente e per le tasche dei cittadini. Non solo il Comune che rompe non paga, ma disperdendo i cocci nell’ambiente, si prende ulteriormente beffa dei propri cittadini.
..Antonio, Antonio, possibile che per la tua sete di divertimento sei così irresponsabile nei confronti di tuo fratello Peppino? E tu Peppino, quando finirai di credere alle favole?
Gettiamo uno sguardo su chi, invece, ha deciso di essere molto più furbo di Antonio. Su chi cioè, non solo si è allineato ai principi comunitari, ma, andando oltre, ha deciso di ricavare anche un profitto dall’attività di raccolta differenziata. Vediamo come.
La California, nota ai più per le spiagge ed i fisici mozzafiato delle bagnanti, è meno nota per avere dato il nome ad un lombrico: il lombrico rosso della California. Questo invertebrato vive in climi temperati, resiste al calore ed è molto prolifico. Si nutre di materiali organici in decomposizione ed il suo intestino è un vero e proprio laboratorio chimico che solo la natura poteva concepire in modo così perfetto. Esso è in grado di trasformare tutto ciò che lo attraversa in preziosissimo concime organico noto con il nome di “Humus”. L’Humus prodotto viene reimpiegato in agricoltura con effetti quasi miracolosi per la concimazione delle piante e per il nutrimento della terra. Senza pensare poi che i rifiuti organici una volta dati in pasto ai lombrichi non emanano alcun odore se non quello di terra e ne vengono drasticamente abbassati i contenuti di metalli e di altre sostanze inquinanti. Molti paesi all’estero ed alcuni comuni in Italia ne hanno testato la bontà. Alcune città, come Perugia, non solo non versano in discarica i rifiuti organici, con grande beneficio per le tasche e la salute dei propri cittadini, ma, avendo destinato l'humus prodotto dai lombrichi al mercato, riescono a ricavare anche discreti profitti. Questo verme forse è troppo poco conveniente per la bramosa pancia di Antonio che non conosce sazietà, il quale ha interesse a che le cose rimangano esattamente così come sono. Questo appare più evidente se si pone l’attenzione sul fatto che il gettito della TARSU viene incamerato interamente dalle Regioni e ridistribuito, in parte, alle Province. Perché industriarsi tanto per ottenere ricavi che non raggiungerebbero mai le entrate assicurate dagli introiti delle TARSU?
Verme politico…..magari!!!